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Datos del documento

Original, título
[L’impenitente]
Original, fechas
1ª edición: 1887: Poesie religiose. Edición de base: I Poeti Italiani del secolo XIX-Antologia compilata da Raffaello Barbiera con proemio, biografie, note e ritratti, Milano: Fratelli Treves 1916.
Lugar de publicación
Valencia
Editor/Impresor
Cervantes (editor)
Fechas
1920 [edición]
Edicion
1ª ed.
ISBD
El impenitente / Mario Rapisardi. En: Las cien mejores poesías (líricas) de la lengua italiana / traducidas directamente en verso por Fernando Maristany ; prólogo de Carlos Boselli ; carta abierta de Guido Mazzoni. — Valencia : Editorial Cervantes, 1920. — 164 p. ; 19 cm. — p. 128.
Verificada
✔️
Descripción del contenido
  • Portada: «Las cien mejores poesías | (líricas) | de la lengua italiana | Traducidas directamente en verso | por | Fernando Maristany | Prólogo de | Carlos Boselli | Prólogo de | Guido Mazzoni | [Marca de editor] | Editorial Crevantes | Colón, 52.-Valencia | 1920». «MARIO RAPISARDI | (1843-1912) | El impenitente» .
  • Preliminares del editor o del traductor: «OBRAS DE | Fernando Maristany» (p. 3 nn.): inc. «Poesías excelsas (breves) de los grandes poetas, traducidas directamente en verso del italiano, alemán, inglés y francés», expl. «EN PREPARACIÓN | Florilegio, con las mejores poesía líricas griegas, latinas, italianas, portuguesas, francesas, inglesas y alemanas. Prefacio de A. Bonilla y San Martín. | Antología general de poetas franceses. Prólogo de Alejandro Plana. | Las mejores poesías de Teixeira de Pacoaes. | Las cien mejores poesía (líricas) españolas | Las cien mejores poesía (líricas) hispano-americanas.» || (p. 4 nn.): «Al sublime poeta lírico | Joaquín Teixeira de Pasoaes | Fraternalmente | Fernando Maristany» || «PRÓLOGO» (p. 5-): inc. «No tiene este prólogo, que Fernando Maristany con amistosa insistencia...», expl. «...en el sabroso regalo de unas páginas delisiosas de verdadera poesía. | CARLOS BOSELLI. | Madrid, Diciembre de 1919.» || «PROPÓSITO» (p. 28): inc. «De la bella antología de Luis Ricci...», expl. «...y de las buenas relaciones entre los dos países hermanos | F. M.» || «CARTA ABIERTA» (p. 29-30): inc. «Chiarissimo Signore: | Oggi la bella e vivace Barcellona...», expl. «...auguro che il pubblico lo apprezzi davvero e se ne valga; e le stringo la mano. | Il dev.mo | Guido Mazzoni». (ÍNDICE) inc. «Prólogo.. págs 5...», expl. «De una conferencia [...] 157.».
  • Texto: (31-154): inc. «GUIDO CAVALCANTI (1260-1300) | Balada | Los ojos de la bella labradora...», expl. «GUIDO GOZZANO [...] Más triste que no estar ya nunca triste.». || [PARATEXTO adicional]: (155-156): inc. «’En el Azul...’ y la crítica (continuación) ...», expl. «.....Rafael Urbina». || (157-164): inc. «De una conferencia en el Ateneo Enciclopédico Popular, titulada “La poesía lírica catalana: Consideraciones que el libro EN EL AZUL..., de Fernando Maristany, ha sugerido al autor...», expl. «...J. de L. Ribera-Rovira». inc. «¡Oh, tú, del Eter padre, único, inmenso», expl. «Mira en su esencia abrirse un ancho abismo.».
  • Índice: (ÍNDICE) inc. «Prólogo.. págs 5...», expl. «De una conferencia [...] 157.».
  • Portada (parte): «MARIO RAPISARDI | (1843-1912) | El impenitente» .
  • Texto (parte): inc. «¡Oh, tú, del Eter padre, único, inmenso», expl. «Mira en su esencia abrirse un ancho abismo.».
Ejemplares
  • CSIC, ULPGC, BUV, BULas Palmas: GAB A 1429, BUR: M-A-1341
Observaciones

Para la descripción de la antología “Las cien mejores poesías (líricas) de la lengua italiana”, véase la ficha 3313

Traductor

Maristany, Fernando 1883 - 1924

Poeta y editor barcelonés. Entre 1914 y 1923 publicó, casi siempre en la Editorial Cervantes, numerosas antologías con traducciones de la poesía europea (francesa, inglesa, italiana, portuguesa, alemana y española), que gozaron de notable éxito. Su obra lírica original apareció en sucesivas entregas bajo el título común: “En el Azul...” (la primera síloge con prefacio de Teixeira de Pascoaes).

Otras traducciones

Autor

Rapisardi, Mario 1843 - 1912

Observaciones:

Mario Rapisarda (Rapisardi si chiamò poi, in sottinteso omaggio a uno dei suoi autori preferiti, Leopardi) nacque a Catania il 25 febbraio 1844 in via Penninello 33 -traversa di via Etnea-. Nel marzo 1883 andò ad abitare nella zona di piazza S.Maria di Gesù, esattamente nel villino Caudullo, in via Cifali, e là rimase fino al luglio del 1885. Suo padre, un agiato procuratore legale, pur non impegnato politicamente, era di idee liberali e amico di alcuni dei rivoluzionari borbonici fucilati nel '37. Mario, oltre ad amare la letteratura e la storia, suonava discretamente il violino e coltivava la pittura. Studiò dai gesuiti. Nel '59 esordiva con l'Ode a Sant'Agata vergine e martire catanese. Lettore appassionato di Alfieri, Monti, Foscolo, Leopardi e di vari autori risorgimentali, scrisse, ancora adolescente, un Inno di guerra, agl'italiani e l'incopiuto poemetto Dione, nella cui prefazione esalta le battaglie di Solferino, Palestro e Magenta, partecipando così all'atmosfera politica di quei mesi, che pose fine alla monarchia borbonica. Per contentare il padre, frequenta un corso di giurisprudenza, ma non giungerà a laurearsi. Invece lo interessa moltissimo lo studio dei classici greci e latini, che gli suggeriscono le prime traduzioni, le ricerche filologiche e filosofiche di carattere positivistico. Frutti di questo periodo formativo il poemetto Fausta e Crispo e i Canti. Nel '65 parte per Firenze, allora capitale del Regno, per il centenario della nascita di Dante, cui dedicò l'ode declamata in quell'occasione, e qui, in un clima acceso da fermenti mazziniani e repubblicani, stringe amicizia coi poeti Dall'Ongaro, Prati, Aleardi, Fusinato, Maffei, col dotto Pietro Fanfani, con l'orientalista De Gubernatis e con altri importanti artisti e intellettuali. Nel '68 pubblica il suo primo poema, La Palingenesi, dove in 10 canti polimetri che è un canto a Roma, condanna la corruzione del clero e difende l'azione moralizzatrice di Lutero, prospettando col connubio arte-scienza il ritorno del cristianesimo alla purezza originaria. Così esordisce:" Sia principio da te, luce inconsumata/Di verità: coeva a Dio tu splendi/Per la notte dei tempi..." Il successo dell'opera (Verga fu uno dei primi a congratularsi) echeggia anche all'estero (Victor Hugo è tra i più significativi estimatori), mentre il municipio di Catania assegna all'autore una medaglia d'oro e il ministro Correnti lo chiama a insegnare letteratura italiana nell'ateneo catanese. Gracile, ispirato, romantico, ombroso, geniale e incompreso, ebbe vita intima tormentata.Nel '72 escono i versi de Le Ricordanze che, pur nei limiti dell'imitazione leopardiana, rivelano una genuina vena intimista. Nello stesso anno sposa Gisella Fojanesi. Uno studio critico su Catullo gli vale nel '75 la nomina a professore straordinario di Letteratura italiana e l'incarico di Letteratura latina all'Università di Catania. Già da qualche anno il poeta è dedito alla stesura del suo secondo poema, il Lucifero, ispirato dalla crisi di ateismo che colse il poeta e dalle Guerre de Dieux del Parny, ma anche da Milton e dal carducciano Inno a Satana. Il poema, in 15 canti, quasi 10.000 versi, endecasillabi sciolti e altri metri, pur essendo diseguale a livello artistico (a efficaci descrizioni e qualche episodio memorabile oppone una certa macchinosità d'insieme e non rare cadute di tono per non dire di gusto), resta l'espressione più significativa della poesia italiana d'indirizzo positivista. Esordisce così il poema: Dio tacea da gran tempo. Ai consueti/Balli moveano in ciel gli astri, e con dura/infallibile norma albe ed occasi/Il monotono Sol dava a la terra. Lucifero é l'Eroe, che, non ascoltando gli ammonimenti di Promoteo, sale sulla Terra per incarnarsi e dare all'uom salute e morte a Dio. Per il Lucifero l'arcivescovo di Catania ordinò, pare, un autodafé del libro. Insignito del titolo di Cavaliere della Corona d'Italia (per aver celebrato, nell'XI canto del poema, le guerre d'indipendenza e l'ossario di Solferino) e nominato professore ordinario di Letteratura italiana e latina dal ministro della Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis, che lo stimava, Rapisardi pubblica nell'83 i versi sociali (e sarcastici) di Giustizia, che trovarono vasti consensi (suo epicentro sta nel Canto dei mietitori). Quest'opera nel '24 sarà addirittura proibita dalla politica fascista. Alla fine dell'83 rompe il matrimonio con la moglie, che intanto s'era legata al Verga. Il Carducci, al quale aveva "devotamente" inviato una copia del Lucifero, resosi conto d'essere oggetto di caricatura in alcuni versi dell'XI canto ("plebeo tribuno e idrofobo cantor, vate di lupi"), apre con Rapisardi quella polemica che avrebbe divido l'Italia letteraria degli anni '80. Dall'epistolario del Carducci si scoprono fin dagli anni '60 frasi poco tenere nei confronti del Rapisardi, che certo non era di carattere facile. D'altro canto, di tutti i poeti della sua generazione, egli in fondo stimava solo Arturo Graf. Molte delle sue frecciate tuttavia rimasero o inedite o affidate alla discrezione dei suoi interlocutori epistolari. Di pubbliche vi furono solo le allusive caricature schizzate in certi passi dei poemi. Naturalmente la polemica col Carducci è una storia a sé. Nell'84 usciva il poema Giobbe, altro lungo poema, canta il duro cammino dell'umanità infelice (simboleggiata dall'eroe biblico) che è il suo capolavoro. I distici dove il personaggio grida a Dio la sua disperazione (libro III della parte I) toccano altezze forse ineguagliate nella poesia italiano del secondo Ottocento. Nell'85 si sposa con una diciottenne assunta come segretaria, Amelia Poniatowski, figlia di genitori ignoti: gli sarà compagna fedele per tutta la vita. Nell'87 dà alle stampe le splendide Poesie religiose, forse il suo vertice lirico, cui seguono i cesellati Poemetti ('92) e gli Epigrammi ('97), nonché delle impegnative traduzioni di opere di Catullo, Shelley e Orazio, anche se la cosa più importante resta la traduzione e lo studio critico del poema La natura di Lucrezio ('79). Nel '94 pubblica il suo quarto e ultimo poema, L'Atlantide, dove, ispirandosi ai Paralipomeni del Leopardi, disegna nelle vicissitudini del poeta Esperio la società italiana lasciva e inetta, additando nella corruzione il principio dei mali. Nel mentre disprezza la borghesia, canta le figure di Newton, Darwin, Pisacane, Marx, Cafiero e altri grandi della storia universale. Denuncia con lucidità e coraggio la criminale politica del governo Crispi (vedi la repressione dei "fasci siciliani"), nella prefazione a Gli avvenimenti di Sicilia e le loro cause ('94) e nel dialogo Leone ('95), che spiegano le feroci repressioni dei moti contadini e operai, nonché nel pamphlet Africa orrenda ('96) e in alcune poesie, avverse al truculento colonialismo. Con caricature o versi siciliani, metteva in berlina amici o chi non gli andava a genio.Negli ultimi anni si chiude in un silenzio ostinato, indifferente agli onori dei concittadini, che superano di gran lunga quelli tributati a Verga, De Roberto, Capuana… Non lo toccano neppure le critiche di molti studiosi (specialmente il Croce), anche se tra le sue carte si sono trovati feroci epigrammi a gran parte dei letterati dell'epoca: Fogazzaro, Croce, Pascoli, Carducci, D'Annunzio… Egli muore nel 1912 a Catania: al suo funerale parteciparono oltre 150.000 persone, con rappresentanze ufficiali che giunsero addirittura da Tunisi. Catania tenne il lutto per tre giorni. Nonostante questo, a causa del veto opposto dalle autorità ecclesiastiche, la sua salma rimase insepolta per quasi dieci anni in un magazzino del cimitero comunale. Il nome di Rapisardi, rimasto in ombra per tutto il periodo del fascismo, riemerse grazie agli studi di Concetto Marchesi, Asor Rosa, La Penna e Saglimbeni.